
Dato che sono un'inguaribile romantico "L'ultimo dei Moicani” mi è piaciuto molto. Madeleine Stowe (la maggiore delle figlie del colonello Monroe) è stata per alcuni anni al centro delle mie fantasie. Trovavo del tutto irresistibile quel suo sguardo reso indimenticabile da un lieve strabismo di Venere. Ora ricordo anche il nome del personaggio, Cora. Che nome evocativo e dolce. Efficace nella parte dell’indiano-bianco lo scattante Day-Lewis, ben coadiuvato dai parenti indiani acquisiti Uncas (ucciso dal truce Magua) e Cingachgook (che sollievo quando nel finale fa a pezzi il cattivissimo e vendicativo Urone, e cioè il bravo attore Wes Studi, noto per accettare solo parti di pellerossa).
Che dire di quel film? Amore, amore, amore. Ce n'è di questo sentimento a più non posso (anche troppo per certi palati che non gradiscono i sapori dolci). Accompagnato da robuste dosi di avventura. La sceneggiatura funziona anche perché ispirata a quella di un valido film degli anni 30 sullo stesso argomento.
Tre cose. Uno, i personaggi riescono a essere credibili, come raramente succede nei film moderni. Non si cede nemmeno un palmo alla grossolana semplificazione di certi recenti film in costume che sembrano appartenere più al videogioco che al cinema (“La maledizione della prima luna”). I rapporti interpersonali sono guidati da una giusta dose di formalismo. Però i punti davvero di forza del film sono il due e il tre. Ossia i paesaggi di immane bellezza che fanno da sfondo alle vicende raccontate. Le foreste incontaminate del grande nord, le montagne brumose, il sottobosco pregno di pericoli, le fresche cascate con l’acqua pura come quella esistente ai primordi della vita. Davvero non ricordo di aver mai visto in nessun film paesaggi stupendi e grandiosi come quelli dell’”Ultimo dei Mohicani”, forse solo in qualche passaggio del “Signore degli Anelli”, ma nemmeno in quest’ultima storia i burroni, le distese erbose, i greti dei fiumi erano di tale livello.
A chiudere, l’efficacia unica della colonna sonora. Il tema principale è quello che è. Chi lo ha sentito una volta non credo che lo potrà mai scordare. Eppure il punto in cui io rimasi letteralmente ipnotizzato è quando Day-Lewis e i suoi compagni indiani inseguono Magua e il suo gruppo per i sentieri scoscesi, accompagnati da un trascinante motivo di sapore irlandese, una specie di ballata popolare fatta a suon di violino che si protrae per ben sette minuti indimenticabili. Delle volte prendo il dvd del film e guardo solo quei sette minuti di inseguimento condito dalla ballata irlandese (o quello che è) di sottofondo.
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