
Eccoci a The departed di Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio e Jack Nicholson. Il solito decadente film metropolitano che va di moda adesso, che va di moda premiare con gli Oscar (Crash). Detesto questo tipo di film, tutto buio psicologico, con i cattivi che vincono, con tutti i protagonisti senza esclusione presi dalla paranoia, dal mal di vivere metropolitano, dalla droga a gogò o dagli psicofarmaci, con Nicholson che ghigna senza alcuna vergogna, nel più puro stile fumettistico alla “Shining”… e con tu che hai capito in che tipo di film fregatura ti sei cacciato, ma avendone visto già mezzo speri che, per un miracolo, lo stronzo di regista dedito al politicamente corretto sport della denuncia sociale non faccia vincere i cattivi su tutta la linea e che dia almeno un contentino ai buoni. Detesto vedere questo tipo di film, tutto ombre e denunce. Io mi sono seduto in poltrona a vedere un fottuto film che dura due ore e mezzo e pretendo, dico pretendo, che al termine del polpettone gangsterico che mi avete ammannito, i buoni con cui mi sono identificato vincano. Non rompetemi le palle con la denuncia sociale, voglio che il protagonista con cui mi sono identificato vinca e abbia successo, perché io stesso voglio vincere e avere successo, seppure tramite i limitati mezzi offerti dalla visione di un film. Il film cupi che segnalano le magagne esistenziali moderne vanno bene, ma dovrebbero dichiarare subito dove si va a parare, senza fregature.
A ridatece Gary Cooper, aridatece Humphrey Bogart, aridatece Indiana Jones e addirittura lo Schwarzy del “Terminator II”. A ridatece l’eroe senza macchia e senza paura (anzi con la macchia e con la paura), ma che non rimane crivellato di colpi nell’ultima scena. Bah.
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