
Ho visto il film di Mel Gibson “La passione di Cristo”. L’ho visto tutto e questa è già una notizia, perché è un film che davvero ti agita e ti turba. Probabilmente se non avessi annunciato di scrivere un commento avrei interrotto la visione a metà film.
Al secondo elemento qualificante del film non c’è verso di abituarti. Dalla prima all’ultima sequenza è un infinito Calvario, un distillare violenza senza sosta, uno sprizzare di sangue, un ghignare di aguzzini. Mentre scrivo queste righe sono ancora sottosopra per la brutalità dispensata dallo schermo senza soluzione di continuità, sento proprio un peso, un disagio nello stomaco, non sono tranquillo. Mentre seguivo le immagini del Cristo martoriato, mi dicevo che sì, il film era duro e forse fin troppo violento; eppure le crocifissioni esistevano davvero, la corona di spine era un particolare reale, così come la scritta “Re dei Giudei” sulla croce o le frustate. Gesù era vissuto il un mondo violento, dove le torture e le mutilazioni, anche disumane, era all’ordine del giorno. In quell’epoca i gladiatori si uccidevano o si facevano sbranare nelle arene per il divertimento del pubblico, migliaia di gladiatori ribelli, quelli comandati da Spartaco, furono crocifissi lungo tutta la strada che andava da Capua a Roma. Giulio Cesare fu considerato un comandante benevolo e clemente per aver inflitto il taglio della mano destra alle migliaia di Galli insorti contro di lui (pare che le mani tagliate alla fine della punizione formassero una montagna di cospicue dimensioni).
Eppure nonostante questo la violenza della “Passione di Cristo” pare davvero eccessiva. A un certo punto non ce la fai più a resistere. “Basta!” dici quando l’ultimo centurione di accanisce su Gesù con l’ennesima frustata gratuita o quando ti torturano con i dettagli più macabri della crocifissione. Finitela, non se ne può più! Ho concesso al regista Mel Gibson tutte le attenuanti del caso e anche la presunzione di innocenza che merita chiunque. Ma quando, dopo che si erano sciorinate frustate, angherie e brutalità oltre ogni limite consentito, ho visto un corvo apparire sulla croce di uno dei due condannati a fianco di Gesù e accecare questi beccandolo negli occhi... be’, mi sono che si era passato il segno. Il troppo è troppo.
Tornando al film di ieri di Gibson, si può dire che è sicuramente un film che ti colpisce e ti fa pensare. Spesso non convince l'impostazione generale della storia, ma non si può fare a meno di essere turbati dal linguaggio crudo del regista, che dimostra di ignorare l'uso del fioretto, sostituito sempre e dovunque da una clava cinematografica che lascia poco spazio alla sottigliezza psicologica. Giuda è un puro e semplice traditore dallo sguardo sfuggente, Pilato un uomo debole, Erode un gaudente fricchettone, i centurioni aguzzini, Barabba il mostro di Milwaukee, Caifa e gli altri sacerdoti individui assetati di sangue. Tutto è bene o tutto è male. Perfino i due condannati alla crocifissione a fianco di Gesù seguono questa regola: l’uomo crocifisso con il volto di Sergio Rubini dimostra umanità e pentimento, l’altro è un essere pieno di odio con già un piede e mezzo all’inferno. Di qui o di là, sembra pensare Gibson, nessuno spazio per
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