sabato 21 luglio 2007

Alza la gonna, Marilyn


Finisco quanto ho da dire sul mio regista preferito Billy Wilder. Breve introduzione. Torniamo a come si percepivano i film in tivvù un po’ di anni fa. Oggi, vista l’abbondanza di cinema in televisione, un film è visto più o meno come un videogioco alla “Tomb Rider” (non a caso da molti videogiochi si traggono pellicole per lo più scadenti). Allora non era così. Quando vedevi un film ti pareva di essere l’ospite d’onore di un ricevimento elitario e raffinato, un evento unico che si teneva solo per te e di cui eri il protagonista principale.

Ecco gli stati d’animo che si avvicendavano dentro di te fino all’orario agognato del cinema a casa tua. Prima di tutto la noia, la noia indispettita che accompagnava lo snodarsi del compassato telegiornale serale condotto da Tito Stagno o Piero Angela (noia che aveva un cedimento solo in presenza delle geniali corrispondenze di Ruggero Orlando da New York, o meglio da “Nuova” York, come diceva lui). Quindi l’improvvisa accelerazione del flusso sanguigno alle prime note del Carosello, che avevano il potere di arcuare verso l’alto gli angoli della tua bocca. Ancora aumento dell’euforia all’apparizione del busto classico di annunciatrici che rispondevano agli evocativi nomi di Nicoletta Orsomando o Annamaria Gambineri. Quindi le già citate imprecazioni rivolte agli avi dei critici televisivi in calzino scuro e prosopopea multicolore.
Poi ecco l’evento. Ecco il miracolo. Ecco i primi ruggiti del leone della Metro. Ecco scorrere i titoli di testa scortati da una colonna sonora enfatica ma travolgente, ed ecco il primo meraviglioso fotogramma del film dopo l’atteso nome del regista (atteso perché dopo iniziava il film). Via, l’avventura inizia.

Primo film della seconda parte, Quando la moglie è in vacanza. Quello con la famosa scena in cui a Marilyn Monroe si alza la gonna a causa di un getto d'aria (è stata definita una delle grandi icone del secolo XX insieme alla camminata solitaria del nerovestito Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco), 1955. Scommetto che tutti hanno sentito parlare di questo film, sia pure per via indiretta. Mi piacevano i dialoghi e le situazioni piccanti. La sola voce doppiata di Marilyn Monroe mi faceva sognare con tutte quelle sfumature che andavano dall'oca alla donna fattasi improvvisamente riflessiva (ho l'occasione per un inciso, a mio avviso non esiste delitto peggiore di quello di ridoppiare un film vecchio e “valoroso” e di farlo con voci moderne che si esprimono con un linguaggio e un'intonazione da situation comedy tipo “Friends”: quando vedo perpetrato un crimine simile vorrei fare uno sproposito). Curiosità: quando la Monroe girò la celeberrima scena della gonna alzata, tutta Manhattan si bloccò a causa delle decine di migliaia di curiosi accorsi sulla scena del ciak (pare si fosse diffusa la voce che Marilyn sotto non indossasse niente e pare che quella voce fosse vera, almeno in un primo tempo).

Bello anche A qualcuno piace caldo, 1959, il film con la famosa battuta finale rivolta, da un corteggiatore, a un Jack Lemmon vestito da donna, ma rivelatosi uomo: “Nessuno è perfetto”. Anche questo film chiaramente ha incontrato il mio favore, anche se qui non saprei dire nulla che mi sia rimasto particolarmente impresso, tranne la sensualità della Monroe. La cosa che più ha danneggiato il film (dal punto di vista che avevo diversi lustri fa) è che io parteggiavo e mi identificavo senza remore nell’adorabile pasticcione Jack Lemmon, mentre com’è noto è Tony Curtis a godere i favori della bionda protagonista.

Citerò ora alcuni film di passaggio, non perché non siano stati belli (Wilder era assolutamente incapace di creare un prodotto brutto o deludente), ma per il fatto che non hanno lasciato un ricordo duraturo in me. L'aquila solitaria, 57, James Stewart è il transvolatore oceanico Lindeberg. Arianna, 57, il tentativo di ripetere il successo di Sabrina, un Gary Cooper un po' troppo attempato corteggia Audrey Hepburn più bella che mai. Un, due tre, 61, magnifico James Cagney, satira ambientata a Berlino Ovest sull'inefficienza dei regimi comunisti (battute di alta qualità recitate alla velocità della luce, Cagney spara ironia come negli anni 30 sparava caricatori di mitra nei film gangsteristici di cui era star indiscussa). Baciami stupido, 64, Compositore vorrebbe lanciare una sua canzone attraverso un celebre cantante (Dean Martin) suo ospite per caso. Comincia col far passare una prostituta (Kim Novak) per sua moglie e gliela butta tra le braccia. Poi, però, ha paura di rimetterci la moglie vera. Commedia amara piena di equivoci nel più puro stile di Billy Wilder. Alla fine Dean Martin porta davvero al successo la canzone del compositore, anche se credo non fosse riuscito a consumare il rapporto con la Novak (la famosa “Donna che visse due volte”, chi conosce Hitchcock sa di cosa parlo).

Rimangono due film che hanno lasciato una fortissima traccia in me. Testimone d'accusa. 57. Charles Laughton (il capitano pazzo del primo film sul Bounty, quello in cui Clark Gable era primo ufficiale) assume la difesa di Tyrone Power in un caso di omicidio. Colpi di scena a non finire. L’avvocato della difesa che si batte come un leone. Quando tutto è perduto, Marlene Dietrich con una memorabile testimonianza falsa scagiona Power. Che dire? Magnifico. In bianco e nero, naturalmente. Uno di quei film che quando finiscono te ne stai lì a guardare i titoli di coda come un fesso e a fantasticare.
Ricordo la scena in cui l'avvocato Laughton interroga Tyrone Power proiettandogli una lama di luce negli occhi con una lente o un medaglione (dice infine che Power è innocente, nessun colpevole ha mai superato la prova del suo interrogatorio: al temine scopriremo che si è sbagliato). Ricordo le pillole che la segretaria fa prendere nei momenti meno indicati al solito Laughton (mattatore del film, qualcuno ha presente la straordinaria voce che lo doppiava? Il solo doppiaggio di quei film li rendeva dei capolavori: non ci credo neanch’io, ma una volta conoscevo per nome e cognome molti doppiatori di epoca classica, adesso non mi rimangono che i nomi di Cesare Polacco e Carletto Romano). E poi i sigari e il brandy che lui fuma e beve di nascosto, ha avuto un attacco di cuore o roba simile, e quei formidabili controinterrogatori alla Perry Mason. Come potete, o quarantenni, non aver visto questo film? E come potete non averlo amato come me? Come potete non aver parteggiato per la Dietrich, quando nell'aula del processo ormai deserta Power getta la maschera da bravo giovane e la deride per essersi sacrificata al suo posto (lei deve andare in prigione pur essendo innocente)? E come potete non aver esultato quando Laughton, che doveva partire per le vacanze che la sua segretaria giudicava improrogabili, decide di rinviarle una seconda volta per assumere la difesa della Dietrich imputata di omicidio (ha ucciso l'odioso Tyrone Power in quella stessa aula di tribunale)? Ragazzi, quello non era cinema, lì non vedevi un film, quella era un'avventura meravigliosa in un mondo di dei di cui tu eri protagonista.

Ultimo film di cui parlerò Non per soldi, ma per denaro, ancora una straordinaria commedia in bianco e nero datata 1966 (siamo un pelo fuori dall’epoca che io giudico classica, ma farò un'eccezione). Una delle prime performance della coppia Lemmon-Matthau, una delle più riuscite. Jack Lemmon a inizio film è investito da un giocatore di football. Il cognato Walter Matthau (Premio Oscar come miglior attore non protagonista; a proposito avete visto E' ricca, la sposo, l'ammazzo? il film in cui l'orso Matthau corteggia quella meravigliosa miliardaria pasticciona esperta di botanica che andava sotto il nome di Enrichetta, se amate quel film io amo voi) lo convince a fingere un gravissimo incidente, con conseguente menomazione, per ottenere una cospicua assicurazione. E' un film che devo aver visto bambino o quasi e che ho cercato di rivedere invano per lunghi anni. Solo di recente ci sono riuscito e sono lieto di dire che la storia aveva conservato fascino e mordacità. I punti che mi sono rimasti impressi? La recitazione unica di Matthau, quel suo snocciolare sotto tono battute al fulmicotone. Il fatto che Jack Lemmon, da quell'ingenuo amatore di donne che era sullo schermo, fosse innamorato della sua ex moglie, pur essendo questa una sconcia e volgare persona con notevoli tendenze al libero amore (purché questo non riguardasse il suo legittimo e un po' fesso marito). E poi la squadra di tecnici assoldata dalla compagnia di assicurazione per svelare l'imbroglio; le cineprese che si inceppavano quando dovevano riprendere particolari compromettenti (qualcuno ricorderà che a un certo punto, deluso forse dalla ex moglie che svela la sua vera natura, Lemmon, che sarebbe dovuto essere in fin di vita, si mette a fare il Tarzan per la camera di ospedale arrampicandosi al lampadario e facendo sul letto salti mortali che più di un atleta avrebbe trovato indigesti). Eppure non ricordo il finale di questo film, se non il fatto che non prendono i soldi. Però doveva essere un gran bel finale o questa storia non mi sarebbe rimasta in testa tanto tempo.

Mi fermo qui, per quanto riguarda Wilder. Ha fatto anche altri film, talvolta anche splendidamente riusciti come Prima pagina, oppure confezionati con gran talento come Vita privata di Sherlock Holmes, ma andiamo nettamente fuori dell'epoca di cui volevo parlare.

The end

La prima puntata del cinema di Billy Wilder

Nessun commento: